A Hong Kong, Helicopter money o altro?
Era mercoledì 26 febbraio quando il segretario all’economia di Hong Kong, Paul Chan Mo-po, con un discorso di due ore è diventato famoso in tutto il mondo e ha riportato la sua piccola nazione alla ribalta. I media hanno fatto riferimento all’Helicopter Money, espressione coniata dall’economista Milton Friedman nel 1969 per definire la scelta economica di donare soldi a tutti come gettandoli da un elicottero per rivitalizzare l’economia in una situazione di carenza di denaro. Negli ultimi anni fenomeni ridotti di Helicopter Money si sono avuti in varie parti del mondo, da Macao a Singapore alla stessa marchetta elettorale degli 80€ di Renzi, ma il progetto di Chan è più articolato.
Tutto è iniziato da una constatazione evidente a tutti: dopo un anno di proteste e manifestazioni, spesso violente da ambo le parti, che hanno bloccato la vita economica del paese e ridotto del 60% l’affluenza di turisti, Hong Kong si è trovata a dover contrastare un ulteriore peggioramento economico dovuto al coronavirus che ha ridotto la produzione manifatturiera, rallentato il commercio e bloccato il turismo cinese.
Dopo essere stato richiamato sia dagli Usa che dalla UE nello scorso ottobre per la gestione troppo dura delle manifestazioni, con il valore degli immobili sceso in un anno del 30%, con il costo degli affitti sempre troppo alto per la maggior parte dei residenti, con il 90% degli alberghi chiusi, con un’economia in profondo rosso e con un gradimento del suo partito crollato al 6%, cosa poteva fare il segretario all’economia, una sorta di nostro ministro dell’economia e del tesoro?
Vediamo i punti del suo programma economico “Helicopter Money”.
1) Dono di 1.200 € ad ogni cittadino di Hong Kong residente da almeno 18 anni nel paese (e non ad ogni capofamiglia come riportato da media italiani).
2) Riduzione delle tasse per i redditi inferiori; in pratica chi ha un reddito inferiore a 30.000 € quest’anno non paga tasse.
3) Garanzia dello stato per finanziamenti bancari fino a 250.000 € alle imprese di Hong Kong.
4) Un mese di affitto gratuito ai residenti in immobili statali.
5) Cancellazione delle tasse universitarie.
6) Riduzione del 75% del costo dell’acqua per uso abitativo.
7) Riduzione del 25% del costo dell’energia elettrica.
8) Un piano di ristrutturazione edilizia statale per i bisognosi.
9) Aumento del territorio edificabile con la creazione di isole artificiali.
A questi interventi si aggiungono l’aumento dei finanziamenti statali alle attività culturali e sportive, la costruzione di una nuova linea ferroviaria e l’ultimazione di tre linee metropolitane.
Il progetto economico di Chan ha immediatamente riscosso il consenso di tutti i rappresentanti politici presenti, anche se nei giorni successivi si sono alzate alcune critiche, la maggiore di tutte è che si aiutino solo i vecchi abitanti e non i nuovi immigrati che sono la classe economica più disagiata.
Il nuovo progetto economico di Hong Kong
Perchè
L’idea economica di Chan non è nuova, in presenza di una crisi economica già gli antichi romani usavano le stesse tecniche: donazioni alle classi più deboli, aiuti economici alle aziende, realizzazione di piani di sviluppo statali e grandi opere. Se funzionava allora e ha funzionato per millenni non si vede perché questa volta dovrebbe essere differente.
Come
Tutti gli interventi economici proposti saranno gestiti nei tempi e modi di una normale gestione statale, unica eccezione è il finanziamento a titolo di donazione di 1.200 € ad ogni maggiorenne che verrà versato direttamente sui conti correnti bancari e, per chi non ha conti bancari, consegnato in contante. Unico problema sembrano essere i tempi di pagamento che, secondo alcuni, tra approvazione parlamentare e realizzazione pratica, richiederanno tre mesi, un periodo troppo lungo per le fasce più deboli delle popolazione e degli immigrati.
I soldi
Un intervento statale di questo tipo richiede un enorme dispendio di risorse, da dove arriveranno i soldi? Negli anni scorsi Hong Kong ha vissuto un florido periodo economico: ogni giorno milioni di cinesi invadevano i negozi per comprare i prodotti di lusso delle marche occidentali, il commercio internazionale andava a gonfie vele e l’immobiliare tirava come non mai. Durante questo periodo di vacche grasse Hong Kong ha ammucchiato un discreto gruzzolo che però non sarà sufficiente per coprire l’intero progetto e perciò il disavanzo sarà spalmato nel bilancio dei prossimi cinque anni. Secondo gli analisti entro cinque anni la cura da cavallo di Chan avrà fatto ripartire l’economia della nazione e grazie a questo sviluppo economico le imposte avranno ripianato il debito contratto sul mercato internazionale, già perché questa operazione sarà coperta da buoni del tesoro emessi dallo stato e gestiti dal sistema bancario privato.
La ex colonia britannica nel 1997 è diventata un territorio autonomo della Repubblica Popolare Cinese. Hong Kong si trova quindi ad avere stretti legami con la più antica istituzione bancaria centrale del mondo, la Bank of England, e il maggior partito comunista della terra, due mondi forse ideologicamente molto differenti ma che ora hanno lo stesso problema: come far ripartire una economia allo sbando.
Secondo alcuni è grazie a questa posizione privilegiata che Hong Kong è stata scelta come test internazionale per il rilancio economico: se il progetto di Chan funziona potrà essere esportato in tutto il mondo, e oltre a rilanciare l’economia nazionale permetterà ai ricconi della finanza di arricchire ancora di più, se non funziona ne soffrirà solo uno stato con sette milioni di abitanti.
Resta da vedere se il progetto Chan sia esportabile in tutto il mondo.
Chan e l’Italia
Al primo colpo d’occhio le differenze tra Hong Kong e l’Italia non sono piccole. Nel piccolo arcipelago orientale risiedono più ambasciate e consolati che a New York, il dollaro di Hong Kong è considerata la moneta più stabile del mondo, il terziario e il mondo finanziario sono tra i più sviluppati a livello mondiale. Istruzione e trasporti pubblici sono ai massimi livelli mentre le tasse, la corruzione e il debito pubblico sono ai livelli minimi mondiali. Due situazioni evidentemente ben differenti ma questa differenza non preclude a scelte simili se non uguali.
I famosi 1.200 € che lo stato donerà ad ogni cittadino maggiorenne e residente da almeno 18 anni se applicati in Italia porterebbero ad un esborso di circa 45 miliardi, per alcuni è una cifra improponibile per il nostro bilancio mentre per altri sono insufficienti per far marciare la nostra economia. I famosi 80 euro di renziana memoria hanno contribuito al reddito dei pochi fortunati per un totale di 960 € all’anno, un contributo che negli anni è diventato ben maggiore di quello proposto da Chan che invece è un una tantum.
Anche in Italia esistono progetti per grandi opere ed anche un tot di interventi necessari per rimettere in sesto il territorio e il mondo abitativo, non dobbiamo inventarci nessun lavoro nuovo, ne abbiamo in abbondanza. Quello che manca è solo la moneta con cui pagare il lavoro, l’istruzione, l’edilizia e tutto il resto.
La soluzione di Chan è di chiedere prestiti al mercato internazionale indebitando il suo stato a livelli impensabili fino all’anno scorso e arricchendo l’opulenta finanza internazionale; una scelta che nel tempo metterà Hong Kong in ginocchio davanti al potere bancario, e su questo argomento l’Italia può insegnare a parecchi.
Ma esiste anche un’altra soluzione. L’emissione di moneta è quella cosa che economicamente distingue uno stato da una famiglia. Se lo stato ha bisogno di moneta, che lo stato la emetta autonomamente senza pagare interessi a nessuno, o non è più uno stato.
Il resto sono solo chiacchiere.
© Galileo Ferraresi
Associazione Moneta Positiva