Da 3,7 miliardi di anni la vita sulla Terra-Gaia è un connettoma.
L’internet virale mantiene il consenso informato fra tutti gli esseri viventi che fanno parte del superorganismo Gaia.
In un recente articolo ho riassunto sinteticamente il ruolo dei virus nella Vita sulla Terra, alla luce della teoria di Gaia.
Gaia (da Ghe, la dea greca della terra) è il pianeta vivente. Vivente in quanto capace di mantenere in equilibrio omeostatico le condizioni essenziali per ogni forma di vita (temperatura, umidità, tensione osmotica, etc.). Le forme più complesse di vita sono superorganismi: esempio classico di superorganismo è l’alveare in cui singoli organismi ape sopravvivono ed evolvono solo grazie ad una complessa organizzazione sociale. Gaia ha tutte le caratteristiche di un superorganismo: come un alveare e anche più perché, con la specie umana, ha raggiunto l’autocoscienza. La specie umana potrebbe anche, in un futuro non troppo lontano, permettere a Gaia di colonizzare un altro pianeta.
Fra il più piccolo batterio situato in Nuova Zelanda, l’alveare che si trova in Italia e il chirurgo che opera in una sala “sterilizzata” del Nordamerica c’è un continuo flusso di informazione garantita dai virus. Storicamente l’informazione ha viaggiato alla velocità dei venti più impetuosi, ma ora non disdegna accettare passaggi sui jet supersonici.
I virus coi loro precursori (i plasmidi e i fagi dei batteri) sono presenti sulla Terra da 3,7 miliardi di anni. I virus non sono esseri viventi, ma “messaggi in codice genetico” che trasferiscono informazione fra ogni tipo di cellula vivente. I virus sono diffusissimi in ogni ambiente esterno, e ancor più all’interno di ogni vivente. L’organismo umano è composto da circa 100 mila miliardi di cellule proprie (self). Lo stesso organismo è costituito da non meno di 10 batteri e 100 virus per ogni cellula self.
Purtroppo la maggior parte dei ricercatori contemporanei (le cui indagini sono finanziate quasi solo se compatibili col dogma meccanicistico-deterministico, con corrispondenti ripercussioni sulla carriera) si occupa dell’8% del DNA collegabile con i caratteri fisici visibili e misurabili, e disdegna l’altro 92% al punto da chiamarlo “DNA spazzatura”.
Nonostante ciò, si sta facendo strada una branca della Genetica, l’Epigenetica, che studia come da un patrimonio genetico (genotipo) identico si sviluppino caratteristiche visibili (fenotipi) differenti, fatto questo assai evidente nei gemelli omozigoti. Ancor più eclatante è il fatto che una singola cellula fecondata si divide fino a generare miliardi di cellule che contengono tutte lo stesso identico DNA ma che si differenziano andando a costituire organi (fegato, polmone, rene, etc.) e sistemi (scheletrico, sanguigno, cerebrale, etc.) assai differenti, ma tutti coordinati in una entità psicosomatica unica e irripetibile.
Purtroppo, anche gli epigenetisti ci sanno dire tantissimo sul COME si svolge l’epigenesi, ma si interrogano pochissimo (e, se lo fanno, si guardano bene dal rivelarlo pena l’accusa di eresia fideistica) sul COME MAI.
COME: i geni del DNA vengono re-pressi o es-pressi tramite reazioni biochimiche di metilazione o acetilazione; il fenotipo è influenzato da fattori ambientali come i ritmi circadiani, la dieta, etc., etc.; fra i fattori ambientali che influenzano la condizione di salute/malattia vanno incluse anche le emozioni, data l’evidenza scientifica che ansia, calma, paura, fiducia, odio, amore, etc. attivano in maniera assai differente il nostro sistema neuro-vegetativo, bioumorale, ormonale, immunitario.
Gli studiosi più temerari si spingono a ipotizzare che anche il DNA “spazzatura” giochi un qualche ruolo nello sviluppo del fenotipo o, meglio, dell’epigenoma.
COME MAI: già questa domanda puzza di eresia, puzza di finalismo, assomiglia ai “perché” dei filosofi, perciò è vietato porla nei corsi universitari, sempre più ridotti a riti dello scientismo imperante. Ma una scienza senza perché è pura tecnologia: roba che ormai computer e robot sanno fare senza di noi e meglio di noi. Allora sarà opportuno arricchire il campo della Scienza con sani interrogativi, ad esempio:
– Come mai l’embrione umano, nel suo sviluppo intrauterino ripercorre le grandi tappe evolutive, passando da uno stadio di “ameba” a uno di “verme”, di “pesce” e di mammifero? Il cosiddetto DNA “spazzatura” è un “archivio” che custodisce la memoria della co-evoluzione della vita sulla Terra?
– Come mai i mitocondri di ogni cellula umana, le ciglia dell’albero respiratorio, i flagelli del tubo digerente, i coni e i bastoncelli della retina oculare (e tanto altro) hanno composizione biochimica e ultrastruttura identica a quella dei corrispondenti batteri?
– Come mai il mio “self” è composto per più del 99% di batteri e virus? Un “self puro”, non “infettato” da batteri e virus, potrebbe mai esistere e sopravvivere?
– Come mai, se i batteri sono ubiquitari da 3,7 miliardi di anni, e i virus sono ancor più ubiquitari visto che “infettano” tutto e tutti, batteri compresi… come mai la Vita non è morta di “malattia infettiva”?
– Come mai, anche nelle infezioni con esiti micidiali come peste, colera, vaiolo, tifo, etc. la condizione prevalente è quella di portatore sano o paucisintomatico, mentre la malattia grave e/o mortale colpisce al massimo un quarto delle persone infettate?
– Come mai nessuno “scienziato ufficiale” ha ancora coniato l’espressione “internet virale”, se è vero com’è vero che i virus sono messaggi in codice genetico che ogni cellula vivente emette e riceve, in continuazione, con evidente beneficio co-evolutivo per ciascuna e tutte le specie viventi?
(Nota en passant: in data 11/04/2020 ho rivendicato io la paternità di “internet virale”)
– Come mai i virus vengono inesorabilmente associati a malattia (latino: virus = veleno), mentre la funzione dell’internet virale, con ogni evidenza, è quella di “mantenere il consenso informato” ad ogni livello della Vita sulla Terra? E’ forse anti-scientifico asserire che ogni fenotipo è non solo un epigenoma, ma è anche un “connettoma”, strettamente connesso al Tutto tramite l’internet virale?
– Come mai si parla di retrovirus solo per incolparli dell’AIDS, senza mai dire che senza retrovirus non ci sarebbero i mammiferi (anzi, nessuna specie completamente sessuata)?
Infine, ammesso e non concesso che SARS-CoV-2 rappresenti in prevalenza una di quelle eccezioni (malattia) che confermano la regola (co-evoluzione pacifica):
– Come mai nessuno si chiede quale vantaggio co-evolutivo portino i coronavirus agli animali, uomo compreso, visto che la selezione naturale li premia da miliardi di anni?
In letteratura non si trova neanche un timido accenno a domande simili. Io, nel modesto intento di ravvivare il dibattito scientifico, inizierei a rispondere con un’ipotesi minimale: i coronavirus, assieme ad altri virus e batteri autoctoni, occupano e presidiano PACIFICAMENTE la principale porta di entrata di materiale estraneo nel nostro organismo. Per il solo fatto di occupare stabilmente quella nicchia ecologica, essi impediscono ad altri agenti più pericolosi di colonizzarla. Talora, provocando un’infiammazione leggera e limitata alle prime vie aeree (in prevalenza nella stagione invernale), i coronavirus stimolano le difese locali atte a combattere ogni tipo di corpo estraneo, vivente o meno, e ad espellerlo con gli starnuti e la tosse: con ciò stesso ci proteggono contro malanni più gravi…
© Leopoldo Salmaso
NOTA: una prima versione di questo articolo è stata pubblicata l’11 aprile 20202 su Tlaxcala-int
Questo articolo completa quanto contenuto in un articolo precedente
4 comments
[…] L’articolo seguente estende l’indagine ai Coronavirus. […]
Quindi come ormai sono convinto da anni la vera infezione è l’ignoranza
Le consiglio di studiare Hamer e avrà tante risposte alle sue domande…
Concordo, grazie.
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