C’è una curiosa incongruenza, per quanto spiegabile, che riguarda tutte quelle persone colte, stimate e di valori civico-morali, che si dichiarano di sinistra e contrari al grande capitale, oppositori ideologici al neoliberismo, keynesiani e persino socialisti, ma che poi si chinano e cedono senza alcuna resistenza il proprio tributo al capitale corporativo, assorbendo passivamente le imposizioni veicolate proprio da quelle forze che maggiormente lo rappresentano. Seguono e condividano i titoli delle grandi testate, pur sapendo che l’informazione e il giornalismo abbiano esaurito da tempo l’intrinseca funzione di scomodare l’establishment, per diventare sempre più lo strumento della sua santificazione. Una buona parte di queste brave persone, pur non essendo propriamente dei ‘piddini’ o delle ‘sardine’, sono già assurti al rango di ‘terzadosisti’.
Poco prima di Natale, il “Corriere della sera” ha dichiarato Albert Bourla persona dell’anno per l’economia. Il ceo di Pfizer, veterinario di formazione, viene presentato dai media come un imprenditore filantropo che ha rischiato il fallimento della propria azienda spinto dalla responsabilità e dalla volontà di salvare il mondo, investendo tutto il denaro in un vaccino che doveva essere il più veloce e il migliore fra tutti gli altri. (Poco importa se lui stesso, sessantenne, dichiarava tempo fa di non intendere a vaccinarsi in quanto largamente al di sotto dell’età di rischio). I media adorano ricucire in modo stucchevole e patetico simili storie di nobilitante successo, ma a nessuno dei giornalisti presenti alla celebrazione gli è passato per la testa che, paradossalmente, se il vaccino fosse stato efficace, Bourla non sarebbe stato proclamato Uomo dell’anno dell’Economia mondiale.
In effetti, se il vaccino prodotto da Pfizer fosse stato effettivamente il migliore, avrebbe dovuto essere più efficace degli altri nell’arginare i contagi (sempre se questa sia ancora la definizione scientifica di vaccino) invece di aumentarli. A questo punto, però, il ceo di Pfizer avrebbe venduto soltanto due dosi a testa, mentre ora, con un vaccino imperfetto e a scadenza mensile, potrà moltiplicare le vendite e quindi i profitti fino all’infinito, gravando sui bilanci sanitari degli Stati: denaro pubblico che avrebbe potuto essere speso in cure tradizionali e investimenti organici a lungo termine. È sempre più chiaro che il siero innovativo abbia poco a che vedere con le iniziali premesse sanitarie di confinare e sradicare il virus, ma si rivela semplicemente parte di una banalissima strategia industriale. E più specificamente – parte dell’obsolescenza programmata, quella stessa che da anni viene usata per progettare dispositivi elettronici, elettrodomestici e ora anche macchine elettriche: prodotti innovativi fabbricati in modo tale da durare un preciso lasso di tempo e non un giorno di più. Le case farmaceutiche non solo si sono allineati a questo trend, ma forse ne sono stati i precursori, per cui non puntano più a produrre farmaci/vaccini efficaci per eliminare le malattie, bensì prodotti poco efficaci in grado di creare dipendenza, vaccini evanescenti e seriali, come l’oramai conosciuto anti influenzale – oggetto di un marketing persuasivo, ma che non vantava le condizioni per diventare così repressivo e totalizzante come la campagna vaccinale anti-Covid.
Non è da stupirsi che il mainstream sia riuscito a presentare come un santo anche un cinico affarista come Bourla, che tra l’altro da no vax dichiara, nello stesso giorno della sua santificazione, la necessità a breve di una 4° dose del vaccino, senza preoccuparsi minimamente del conflitto d’interesse che investe, promuovendo il suo proprio interesse economico alle spese degli Stati. Nulla ci dovrà stupire da quando i conflitti d’interesse sono diventati sinonimo di competenza, e da quando il governo Conte bis aveva allestito una “task force” per contrastare le fake news sulla pandemia. (Tra le “bufale” da contrastare all’epoca c’era anche l’ipotesi che il virus fosse un prodotto di laboratorio, quando poi questa è diventata la versione anche del boss della politica sanitaria mondiale, Anthony Fauci).
Il punto è che nonostante le sorti poco gloriose della task force e di tutta l’informazione officiale, dove grazie a crescenti finanziamenti i giornalisti sono diventati dipendenti del governo, e non più il Quarto potere indipendente, nella stessa contraddizione della comunicazione sono caduti un sacco di brave persone: di sinistra, anti fascisti, anti neoliberisti, umanisti. Questi si sono costituiti a difesa degli interessi dominanti perfino senza alcun interesse economico aggiuntivo, semplicemente aderendo ai decreti governativi, fieri del proprio senso di civismo emergenziale. E anche il loro scopo, in concomitanza con quello dei media di regime, non è quello della ricerca della verità – scientifica, politica, filosofica -, ma di simulare un dibattito superficiale e poco problematizzante per mantenere inalterata la narrazione dell’establishment, adoperando le proprie competenze (visto il buon grado d’istruzione) a discredito di chi contesta la versione officiale della pandemia e le rispettive politiche governative. Per non parlare poi della loro sensibilità verso le fake news sui complotti delle multinazionali farmaceutiche che, secondo taluni, sarebbe il prodotto di un complotto organizzato dai teorici del complotto (logica stringente).
Dal punto di vista della sociologia psico-dinamica è comprensibile che tante persone, di fronte a uno scenario apparentemente emergenziale, scegliessero l’obbedienza e la rettitudine, in quanto questo tipo di comportamento, come la stessa produzione di norme legislative ad hoc e di modelli e strategie di controllo di massa, offre un sostanziale risparmio di energia sociale, sia per i governanti che per i governati. La maggior parte delle persone hanno bisogno di sapere che il loro comportamento istituzionalmente corretto sia già di per se una garanzia di quieto vivere e di soluzione dei problemi (la sindrome della “teoria del mondo giusto”, secondo M. Lerner). Ma dall’altra parte, quelle stesse persone dovrebbero sapere che implementare risposte socialmente accettabili e rassicuranti li rende indisponibili a un cambiamento radicale, senza però renderli immuni alle conseguenze di un regime repressivo e manipolatorio (che tanti di loro negano in virtù di una dissociazione della realtà, assunta come meccanismo di difesa). Il paradosso dei cittadini per bene è che, quando scoprono il conto da pagare, diventano particolarmente aggressivi, veicolando però la loro rabbia non contro le autorità che hanno commesso errori e nascosto inganni, bensì contro chi denuncia e disobbedisce a quelle stesse autorità. È quello che si sta verificando da un po’ di tempo con le isteriche accuse contro i no vax da parte di chi, da cittadino conformato, non riesce ad elaborare le proprie contraddizioni. La legittimazione dell’odiosa tecnocrazia fattasi Stato non viene dai media pagati a tale scopo, ma dal silenzioso allineamento di un numero prevalente di brave persone, che continuano a dirsi democratici, contrari al grande capitale e alle dittature (del passato), ma che ancora fanno finta di credere che facendosi la terza dose contribuiranno al ritorno alla normalità.
PS: l’immagine in evidenza è tratta da Jaced.com e rappresenta un importante momento storico che segna l’inizio dell’obsolescenza programmata nel campo delle lampadine elettriche.
Zory Petzova
09 Gennaio 2022