Spiego ai miei 25 lettori: per conseguirlo devi iscriverti ad una sezione dell’ANPI ed effettuare tre lanci. Quando ero giovane ufficiale al Battaglione Mobile di Palermo, dove montavo un purosangue irlandese venduto da Graziano Mancinelli per una cifra folle all’Arma in quanto se ne era innamorato il Comandante Generale De Lorenzo (quello del Piano Solo, per intenderci), e godevo delle soddisfazioni che Sunset offriva in quel paio di mesi prima che gli ricrescesse la micosi ad uno zoccolo che rendeva impossibile ferrarlo per il resto dell’anno, un giorno fui raggiunto dal mio collega Guglielmo Petrantoni, che invece montava Hungaro, un cavallo ungherese tanto alto al garrese che gli ostacoli semplicemente li scavalcava. Era buonissimo, ma se qualcuno lo faceva irritare con gli speroni, il malcapitato veniva inseguito per tutto il maneggio dall’animale con gli occhi iniettati di sangue, pronto a troncargli una mano a morsi. Notai che Guglielmo quel giorno esibiva sull’uniforme il brevetto di paracadutista civile. Me ne meravigliai e lui mi rispose che bastava pagare 150.000 lire a Bepi Caiozzo, presidente locale dell’ANPI, ed avrei potuto anch’io togliermi quello sfizio senza dovermi lanciare.
Il brevetto che conta, invece, è quello che oltre al paracadute ed alle ali, ha anche la stelletta al centro. Esso ti qualifica paracadutista militare, ed il generale Burgio, se vorrà onorarci, potrà spiegarvi che, per conseguirlo e per continuare ad esibirlo sull’uniforme devi fare cose degne dei navy seals.
Arrivati a questo punto vi sarete domandati dove si è perso quel cazzone di Gebbia, perché fra il titolo ed il testo non c’è alcuna corrispondenza. Ve lo spiego subito: invece che sottrarre a quel brav’uomo del governatore Bonaccini l’incarico che lui riteneva fosse doveroso conferirgli, Giorgia doveva mandare Figliuolo in Ucraina, perché sono certo che, degno epigono delle gesta dell’Armir, avrebbe spezzato le reni alla Russia.