L’insediamento del “radical chic” Rishi Sunak in Downing street per conto dei Conservatori (in un momento in cui i Laburisti chiedono le elezioni anticipate, essendo avanti di 30 punti nei sondaggi) e la conversione della ex sovranista Giorgia Meloni al politicamente corretto del fanatismo atlantista, sono le due facce della stessa medaglia – quella dell’onnipotente vincolo del lobbismo/affarismo neoliberista, che segue una ferrea agenda omologante. Il politicamente corretto e l’affarismo sono complementari, si sorreggono a vicenda; lo aveva capito il clero ecclesiastico ancora secoli fa che, procurandosi una posizione di superiorità morale, si potevano commettere tutti i peccati del mondo, restando immuni a ogni giudizio e punizione.
Il parallelismo simbolico fra la Gran Britannia e l’Italia è stato illustrato anche dalla copertina della rivista “The Economist” del 20 di Ottobre, che ritrae l’ex premier Liz Truss rivestita dei peggiori luoghi comuni dell’italianità: elmo romano, scudo a forma di pizza, lancia a forma di forchetta con spaghetti. Il titolo “Wellcome to Britaly” contiene un evocativo neologismo, mentre la ‘raffinata’ allegoria allude al fatto che se la Gran Bretagna si trova in questa situazione disastrosa, non può che somigliare alla spregevole Italia. Sembra quasi che, in questo modo, la sorte poco fortunata di Truss possa servire da avvertimento alla sua omonima italiana, ma su cosa dovrebbe essere avvertita la nostra neo premier?
Liz Truss ha segnato il record negativo di essere rimasta in carica soli 45 giorni, nonostante l’iniziale entusiasmo e prontezza belligerante anti-russa, dimostrati a sua volta anche dalla nostra Meloni. In realtà, la causa delle dimissioni della premier inglese sono le sue proposte economiche, che non sono piaciute ai “mercati”(da intendere alle solite multinazionali del credito). La prima proposta era di diminuire le tasse alle fasce più ricche e congelare i prezzi dell’energia, che andava a creare un deficit di 60 miliardi, per alcuni analisti anche maggiore. Questa prospettiva ha fatto sì che i “mercati” affossassero la sterlina. (Quell’effetto che per l’Italia sarebbe la crescita dello Spread). Per controbilanciare, la Truss ha proposto misure di austerità per finanziare il deficit, ossia prendere dai poveri per dare ai ricchi, ma nemmeno con questo è riuscita a placare gli speculatori, e non perché questi di colpo fossero diventati sensibili ai problemi della disuguaglianza sociale, ma perché nell’attuale fase di crisi i “mercati” sono avversi a qualsiasi politica espansiva, in quanto fonte di inflazione, quindi boccerebbero qualsiasi misura fiscale non in linea con l’obiettivo di sostenibilità del bilancio e contenimento della crescita, il che vuol dire mirare alla recessione.
La cosa esemplare è che la crisi finanziaria è stata superata dalla Banca centrale d’Inghilterra, che ha semplicemente stampato sterline, acquistato i titoli, stabilizzato i prezzi e recuperato la sterlina, ma a questo punto è chiaro che non si tratta più di proposte economiche buone o meno buone, bensì della mera credibilità del soggetto politico: i mercati non danno credibilità alla figura di Truss perché non proviene dal mondo della finanza e quindi non in grado di reggere il confronto con il suo successore, il quale, invece, vanta una personalità a dir poco eclettica: ex ministro delle Finanze con pedigree di Goldman Sachs, di origine indiana, appartenente a una famiglia miliardaria – quella della sua consorte, cui padre gestisce il più grande sistema di identificazione digitale al mondo, InfoSys, partner da 30 anni con la Microsoft di Bill Gates e in ottimi rapporti di lavoro con la Cina. Così con Sunak abbiamo la diversità etnica abbinata al denaro, ossia il matrimonio perfetto fra il politicamente corretto e l’affarismo, ma nell’esperienza del nuovo premier ci sarebbero anche i solidi legami con l’agenda del World Economic Forum, e più in particolare con il programma della nuova valuta digitale delle banche centrali e l’introduzione del punteggio di credito sociale (social score), definito anche “capitalismo inclusivo”, anche se si tratta della stessa piattaforma adoperata già dal Partito Comunista Cinese dall’inizio pandemia.
Questo accade mentre il prezzo del gas scende nuovamente sotto la soglia dei 100 dollari: un fatto che non dovrebbe sorprendere, dato che non esiste un divario tra domanda ed offerta tale da giustificare prezzi stratosferici. Il punto è che in un’epoca di abbondanza di materie prime e di continui progressi elettro-tecnologici, i grandi profitti non possono più essere garantiti dalla produzione di beni di consumo, ma soltanto dalle operazioni di lobbying, cioè dall’emergenzialismo, che valorizza merci di cui altrimenti non ci sarebbe grande richiesta, come le macchine elettriche e i pannelli solari, ma anche la stessa digitalizzazione e i vaccini. Sul pianeta Occidente, non c’è più vita al di fuori dell’emergenzialismo. Infatti, andando contro la mentalità pragmatica dei “Tories”, Rishi Sunak si è subito dichiarato ambientalista, riportando il divieto di fracking e stravolgendo il programma energetico di Liz Truss. Il piano di Giorgia Meloni è piuttosto analogo a quello dei Tories, perché prevede lo sfruttamento dei giacimenti di gas italiani tramite la realizzazione di nuovi impianti, senza nulla togliere alla transizione green prevista oltre tutto per il Mezzogiorno, ma la realizzazione di un piano di auto-sufficienza energetica, come anche di quella alimentare, senza dipendenza alcuna dagli USA, sarebbe gradita ai “mercati”?
Diversi mesi prima delle elezioni, esponenti di Fratelli d’Italia avevano già dichiarato la loro piena fedeltà agli Stati Uniti – presupposto indispensabile sia per la sinistra che per la destra per poter accedere al potere. Proprio perché questo sia in contrasto con la posizione del suo elettorato, che sicuramente rispecchia quel 67 % dei sondaggi che si dichiara favorevole ai negoziati con la Russia e contrario all’armamento dell’Ukraina, la Meloni ha barattato un innaturale filo-atlantismo di estrazione sinistro-democratica con le misure economiche di un relativo espansionismo, come quella di innalzare il tetto del contante, di aumentare la flessibilità fiscale con meno tasse e meno burocrazia, di garantire più libertà d’impresa e lotta all’immigrazione clandestina, e non per ultimo di abolire le restrizioni Covid e gli oneri legati all’obbligo vaccinale. In cambio di questi sensibili ampliamenti dei parametri della stalla sociale, gli italiani dovrebbero essere pronti ad accettare il compromesso di mandare all’Ukraina moderni e costosissimi armi contro la Russia, chiudendo un occhio anche sul conflitto d’interesse del neo ministro della Difesa Crosetto. Alla fine, sembra che siano gli stessi elettori di destra a dover scegliere fra il ricatto dei “mercati” e il compromesso bellico-militare, come se non fosse proprio quest’ultimo a minacciare la sicurezza e l’integrità nazionale più di qualsiasi Spread.
Sullo sfondo delle proteste civili contro il caro energia, esplose in diversi paesi europei, sorge la domanda come sarà gestita dall’esecutivo un’eventuale protesta di massa nel nostro paese. La prima visita ufficiale della premier è stata al presidente Macron, ma è proprio in Francia che i lavoratori si sono mostrati particolarmente arrabbiati con chi vuole scaricare su di loro il business emergenziale dell’energia, dimostrando una vera opposizione di classe. Durante lo sciopero durato 14 giorni, con cui si chiedeva l’aumento dei salari del 10 % – più o meno in linea con l’inflazione -, si sono viste delle scene di repressione spaventose, che hanno segnato la cancellazione de facto del diritto e la libertà di scioperare. Come reagirà a simili manifestazioni il Governo di destra, se a protestare saranno proprio i lavoratori che costituiscono parte del suo elettorato? Rimangono tante perplessità di retrogusto non ottimista. D’altronde, non è detto che riportare il contante a un tetto maggiore possa ostacolare una qualsiasi nuova piattaforma digitale per gestire la premialità sociale, magari legata proprio al rispetto dell’ordine sociale, qualunque cosa “ordine” voglia dire. Nulla del programma del nuovo governo fa sperare in un’opposizione all’agenda di Davos, agenda che capiremmo meglio dai provvedimenti di Sunak, guerra diretta alla Russia compresa. L’unico snodo di cambiamento sarebbe il cambio di regia negli USA, ma anche questa è una vana speranza, viste le possibilità di manipolare le elezioni. Anzi, è bene augurarsi che almeno gli esiti elettorali italiani siano autentici.
30 Ottobre 2022
Zory Petzova