Cosa c’è in comune fra gli applausi a Mattarella durante la Prima della Scala e le multinazionali del digitale? Sicuramente molto di più di quanto ci sia in comune fra la borghesia che lo applaude e il contenuto del programma musicale riservato alla sua attenzione.
Per capire meglio chi è il Presidente della Repubblica, bisogna ribadire alcuni aspetti che o non si conoscono o vengono sottovalutati. Gli attuali poteri, concentrati nella figura di Mattarella, non trovano precedenti nella storia dell’Italia unita, anche perché nessuno dei precedenti capi di Stato aveva fatto un uso così tendenzioso delle proprie prerogative. Interpretando gli atteggiamenti di Mattarella, sembra quasi che il PdR possa scegliersi il governo a piacere, respingendo le nomine dei ministri non compiacenti, e ricattare il Parlamento con il diritto di sciogliere o meno le Camere. In questo senso, poco importa se la Meloni sia una intrusa, da rieducare o “mettere in trappola”, come alcune testate ipotizzano, o se era stata già pre-scelta da Mattarella, vista la cronologia dei trend mediatici a suo favore, perché ad ogni modo le crisi di governo si possono creare ad occorrenza, dopo di che tutto viene gestito dall’onniscienza del supremo.
Proseguendo: il PdR elegge i giudici costituzionali (formalmente solo un terzo, ma è il peso che conta) e presiede il Consiglio Superiore della Magistratura e il Consiglio Superiore di Difesa. Tutto ciò per un mandato di 7 anni e senza essere direttamente eletto dal popolo – qualcosa che non ha riscontro in altri ordinamenti democratici. Quelli del ritornello della “Costituzione più bella al mondo” ogni tanto dovrebbero essere un po’ più critici verso le palesi inclinazioni nostalgico-monarchiche di quella stessa Costituzione. Perfino Repubbliche semi-presidenziali, come la Francia e la Russia, prevedono mandati minori, laddove l’elezione diretta rende i rispettivi presidenti non tanto autoritari quanto molto più responsabili a garantire trasversalmente l’interesse nazionale, oltre ad essere direttamente imputabili del malcontento popolare e del peggioramento della situazione economica. Macron si è sorbito per anni i Gilet Gialli e manifestazioni decisamente minacciose per la sua incolumità fisica; a sua volta, Putin si fa in quattro per bilanciare i controversi interessi dei propri cittadini, seguendo con ansia i sondaggi di gradimento (condotti da istituti filo-occidentali) e sapendo che un consenso risicato lo costringerà moralmente al ritiro dal potere, mentre in un mondo parallelo il non eletto dal popolo Mattarella vive in uno stato di perpetua beatitudine, dove tutto è nelle sue mani, ma senza che nessuna protesta popolare o insidia critica possa turbare la sua pace; nulla al di fuori della riverente gerontofilia e gli applausi di elogio che lo accompagnano dappertutto.
La rielezione di Sergio Mattarella dieci mesi fa non è dovuta alla mancanza di altre figure di rango altrettanto elevato. Il vero motivo per cui egli è stato rieletto è che per decenni ha contribuito ad allestire una solida rete di potere para-politico: si tratta del suo impegno per i servizi segreti, ai quali nel 1999 ha regalato, nell’investitura di Ministro della Difesa, una legislazione che istituisce agenti segreti a vita e assicura la loro piena immunità legale (link). Tutti si ricordano le immagini di due anni fa di Renzi che parla con un 007 in un Autogrill (notizia tornata alla ribalta pochi giorni fa). Queste immagini erano probabilmente il cogliere in flagrante il patto sulla caduta del governo Conte II per mano del leader della Italia Viva, ma tutta la cronologia dei fatti, inclusa la tempestiva creazione di Italia Viva, suggerisce che Renzi era un referente dei servizi segreti da tempo, a partire dalla proposta di Mattarella a presidente che lui stesso lanciò alle elezioni del 2015, spiazzando una serie di proposte ben più popolari. Un referente che avrebbe dovuto portare “il ministro delle spie” (alias Mattarella) alla carica più alta e intoccabile, il che fa ripensare quanto sia stata ingenua, per quanto giuridicamente fondata, l’accusa di impeachment da parte di di Maio per il caso Savona, accusa condivisa anche da Salvini e Meloni. Ma visto che gli agenti segreti non perdono tempo, l’immediata riabilitazione di un Mattarella partito male è stata al contempo un chiaro segnale che da quel momento in poi sarà il Presidente della Repubblica, e più propriamente il Deep state italiano, a stabilire la politica del governo.
Avendo contribuito a costruire una simbiosi e sinergia operativa con l’intelligence, Mattarella è riuscito a creare i superpoteri del Colle in una Repubblica parlamentare, i cui cittadini erano abituati ad attribuire al PdR solo funzioni formali e di rappresentanza diplomatica. Nel 2021 Draghi è stato indotto ad accettare l’incarico di primo ministro, con la premessa di poter meritarsi in questo modo l’elezione al Colle, profondamente desiderata da lui, ma evidentemente il Deep state italico è molto più potente di quanto sembrava esserlo il super banchiere, che in compenso si è sorbito le stucchevoli caramelle dell’incondizionata adorazione di giornalisti e politici.
Draghi non sarebbe stato adatto alla carica di PdR anche per il fatto di non essere un giurista, perché, paradossalmente, solo un giurista illustre come Mattarella sarebbe stato legittimato, cioè sarebbe stato credibile, nel porre la fine dello Stato di diritto, incompatibile con l’emergenzialismo. I due garanti della Costituzione e dei diritti fondamentali – il PdR e la Corte Costituzionale, per assurdo sono anche gli unici a poterli demolire, il che fa capire ancora più chiaramente che tale demolizione non poteva che essere programmatica. Lo sdoganamento “costituzionale” della biopolitica in realtà non ha solo implicazioni sanitarie, ma oltre tutto securitarie; un ordine tendente all’assoluta sicurezza, però, non può che essere totalitario. La vaccinazione di massa anti-covid ha creato i presupposti di un sistema digitale di controllo molto efficace (il Greenpass), ma visto che una vaccinazione continua non sarebbe stata possibile, c’è un altro affare che ispira multinazionali e servizi statali: si tratta della biometria applicata alla sicurezza, il business del futuro.
Dopo che lo Stato israeliano sia stato il primo a sottoscrivere con Big farma ingenti contratti di forniture vaccinali, i servizi di intelligence e di sicurezza israeliani sono stati i primi a sottoscrivere di recente dei contratti con le multinazionali del digitale per la sicurezza del paese, sicurezza intesa in chiave anti-palestinese, ovviamente, ossia la biometria applicata ai palestinesi. Tanto è che ci è stata una protesta degli stessi lavoratori delle multinazionali che hanno valutato tali contratti una forma esplicita di Apartheid (link). Come se non bastasse, un recente rapporto investigativo rivela che centinaia di ex agenti dell’intelligence militare della famosa organizzazione di spionaggio israeliana Unità 8200 hanno acquisito posizioni di influenza in diverse grandi società tecnologiche, tra cui Google, Facebook, Microsoft e Amazon (link). Gli agenti segreti israeliani lasciano i loro posti nei rispettivi organi di Stato e vanno a lavorare nelle stesse aziende con le quali hanno ottenuto contratti di fornitura di software biometrici, occupando posti ben remunerati.
Visto che il Belpaese si è distinto come paese pilota nella pandemia, in modo perfino più coercitivo di Israele per quanto riguarda l’obbligo vaccinale, e con il primato europeo nella digitalizzazione della PA, non è escluso che il Deep state italico non realizzi anche esso il suo passo verso la sperimentazione biometrica. In fondo, si tratta sempre della stessa porta girevole, consolidata negli anni precedenti, fra lo Stato italiano e le Corporazioni del digitale. Con la differenza che in Italia, non essendoci i presupposti per un apartheid etnico, la biometria dovrà basarsi su altri criteri, ancora da decidere. Tanti commentatori politici commettono il solito errore di dare troppo peso al vincolo esterno, al fatto che Italia sia una colonia americana. Si, le basi militari sono un dato empirico ingombrante, ma non sono determinanti, perché l’establishment italico avrebbe potuto sganciarsi già da tempo dal colonialismo americano, gravitando semplicemente verso altri centri di influenza. Il vincolo esterno serve invece come alibi per le oligarchie locali, la cui ambizione di grandezza spesso supera perfino quella dei colonizzatori. Non è mai escluso che l’allievo possa superare il maestro, e che questo sia più facile che avvenga proprio in un paese dove il potere viene concentrato in una carica istituzionale non eletta dal popolo, ma che gode di totale immunità.
Per cui, quando la borghesia ingioiellata applaude con reverenza Mattarella alla Prima della Scala, essa non applaude il garante autorevole dello Stato di diritto, bensì una figura ambigua e potente oltremodo che garantirà la sua sicurezza, il suo status quo, grazie alla digitalizzazione della società e il paradigma emergenzialista: business in cui una buona parte di quella stessa borghesia ha interessi diretti, mentre quell’altra spera di rimanerci illesa.
11 Dicembre 2022
Zory Petzova