Per capire quanto l’UE sia stata ‘leale e previdente’ nel mantenere gli equilibri fra le varie forze, possiamo ricordare la “Rivoluzione delle ciabatte” che nell’estate del 2020 fu organizzata contro la rielezione del presidente bielorusso Lukashenko, una delle tante rivoluzioni colorate miranti a disconoscere un legittimo risultato elettorale solo perché non gradito all’agenda globalista. Fino a quel momento la Bielorussia era stata un paese sovrano ma neutrale, in buoni rapporti con Mosca ma ben intenzionata a marcare la propria indipendenza dai voleri del Cremlino. A causa dell’aperta ostilità da parte dell’UE e della NATO, Lukashenko è stato non solo costretto ad accettare l’alleanza militare con Putin, ma si è mostrato perfino entusiasta ad aiutare la sua strategia. Non è un caso infatti che l’operazione di accerchiamento della capitale ucraina Kiev ad opera dell’esercito russo sia partita dal territorio bielorusso, il cui confine è a pochi chilometri da Kiev. Le truppe russe si trovavano in Bielorussia per un’esercitazione militare congiunta con l’esercito di Lukashenko che, anche se non ha partecipato all’operazione, l’ha consentita.
Questi giorni i media si sono impegnati (usando parecchie immagini ‘prese in prestito’ da altri scenari) a intrattenerci su una mitica battaglia di Kiev, che evidentemente mirava a suscitare associazioni con la tragica memoria dell’assedio di Stalingrado. Ma a differenza dei tedeschi, l’esercito russo non ha alcuna necessità strategica di conquistare la capitale. Gli basta dimostrare la sua vulnerabilità a causa della vicinanza al confine bielorusso, tenendovi inoltre impegnata gran parte dell’esercito ucraino, mentre le truppe russe agiscono dove più conviene, cioè nelle aree del Mar d’Azov e Odessa – le entrate principali di Ukraina. Questa vittoria strategica di Putin è stata in buona parte un regalo dell’Unione Europea, così ansiosa di criminalizzare e isolare Lukashenko da non tenere conto di eventuali ritorni di sfortuna.
Ma l’effetto boomerang non finisce qui. La prassi di infantilizzare e rincretinire l’opinione pubblica con due anni di terrore pandemico ha determinato una caduta di lucidità e di stile anche nella capacità di comunicazione di politici e dirigenti, la cui tenuta è pericolosamente collassata in reazioni isteriche e decisioni incoscientemente suicide a danno dell’intera comunità europea. E’ vero che i media occidentali erano abituati a gestire ogni imprevisto e difficoltà con lo slogan “è stato Putin”, ma oggi, difronte all’ipotesi di una guerra nucleare, la propaganda colpevolista sembra come l’abbaiare di cani di piccola taglia – pinscher e chihuahua, difronte all’imponente sagoma di un orso arrabbiato e impietoso verso gli intrusi (tanto per rimanere nel gergo animalista lanciato da di Maio).
La propaganda occidentalista cerca di screditare la Russia in base ai soliti criteri del doppiopesismo. Sta esultando dal fatto di aver messo in difficoltà gli oligarchi russi, ma senza rendersi conto che quelli residenti all’estero sono nemici di Putin, considerati traditori, che lui stesso avrebbe voluto vedere in difficoltà. Immaginariamente, da una simile caccia al tesoro dovrebbero avere paura anche i ricconi occidentali: evasori, truffatori, affaristi e eminenze grigie con coperture nei paradisi fiscali. Altrettanto consumati e fuorvianti sono i clichè che Putin sia un “dittatore” e un “autocrate”, laddove basterebbe studiare meglio la storia recente della Russia per capire che Putin è un virtuoso bilanciatore fra i quattro poteri che contano nel suo paese: apparato militare, Gazprom, borghesia (neoricchi, intellighenzia) e popolo, e inoltre, al netto della maggioranza quasi assoluta del suo partito nella Duma (49%), ama consultarsi e lavorare in concerto, a differenza dei tecnocrati europei non eletti da nessuno. Tra l’altro, sono state proprio le sanzioni economico-finanziarie degli ultimi anni a indebolire Gazprom e a rafforzare la posizione dell’esercito russo. Quelli che si augurano il cambio di regime a Cremlino, o l’assassinio di Putin per mano di qualche oligarca, dovrebbero sapere che ciò non porterà all’insediarsi alla presidenza di qualche blogger ‘democratico’ alla Navalny, bensì di una giunta militare ben più inflessibile e determinata di Putin.
I leader europei si esaltano come dei bravi scolaretti dalle sanzioni economiche imposte alla Russia, ma dovrebbero sapere che sarà l’Europa a subire gli effetti economici e d’inflazione più destabilizzanti: non un’inflazione “sana” e gestibile da aumento della domanda di beni e servizi, bensì un’inflazione malsana dovuta al calo dell’offerta di materie prime e alla strozzatura del mercato. La Russia è il maggiore produttore mondiale di quasi tutte le materie prime ed in questa fase di aumento irrefrenabile dei prezzi è impossibile fare a meno delle sue forniture, neppure con fiumi di gas liquido di produzione statunitense. I media nostrani si compiacciono con immagini di file ai bancomat russi, ma anche se in Russia la situazione sarà durissima per qualche tempo, potrà questo cambiare in meglio le cose per i paesi dell’UE? Forse si crede di trattare la Russia come la Grecia o come il Cipro, dimenticando che si sta parlando di una potenza nucleare e del primo produttore di materie prime, che, male che vada, potrà sempre emettere bond, coprendone il valore con stock di petrolio, oro, gas e altri prodotti indispensabili per il mercato internazionale. E inoltre, anche la Russia potrà applicare le sue sanzioni ai paesi occidentali: non è certo detto che le sanzioni siano una prerogativa riservata solo ai paesi più sviluppati.
Tuttavia, quello che per i paesi europei peserà forse più delle sanzioni è l’evidenza di come l’UE, pur dotata di un complesso apparato burocratico e istituzionale, sia totalmente priva di soggettività politica e militare, e quindi di ogni meccanismo decisionale, prestandosi alla passiva funzione di dispositivo per l’espansionismo della NATO e della sua demenziale propaganda anti-russa. In un sussulto tardivo di protagonismo virile e belligerante, l’UE si è follemente gettata in forniture d’armi all’esercito ucraino, senza tener conto che la struttura istituzionale di Ukraina è fluida e inconsistente, perciò si rischia di creare una sorta di ISIS a guida neonazista che si potrà ritorcere, ad effetto boomerang, contro un’Europa così permissiva e accomodante. Lo scorso anno è fallito il progetto americano per la formazione di un esercito privato ad opera di Erik Prince, l’ex boss di Blackwater, per cui non è escluso che le nuove forniture d’armi possano far fiorire movimenti e business difficili da contrastare.
Ora è tutta una gara di chi odia più Putin e quale ripicca più dispettosa gli si può opporre, arrivando a misure assurde contro i cittadini e i simboli russi che è superfluo commentare, anche se, nonostante la censura, non è mancata la competenza e l’onestà intellettuale di coloro che hanno voluto illustrare e riconoscere come il vittimismo russo sulla slealtà della NATO e la rispettiva reazione siano pienamente fondati. Rimane però il fatto che la crisi di oggi è risultato anche del riconoscimento russo nel 1991 dell’indipendenza ucraina avvenuto in fretta, senza una ragionevole ponderazione dei confini e delle conseguenze sociali: un’omissione di valutazione spiegabile soltanto con l’avida impazienza da parte della nomenklatura comunista di privatizzare selvaggiamente gli asset statali e di arricchirsi. Un errore che oggi verrà pagato caro, qualsiasi cosa questo vorrebbe dire.
06 Febbraio 2022
Zory Petzova
2 comments
Si, tutto corretto, eppure non si può fare a meno di notare che da decenni la strategia degli USA puntava a separare la Russia dall’Europa e da questo punto di vista sembra stia riuscendo. D’altro canto la formidabile saldatura tra Russia e Cina che si è creata negli ultimi anni tende a invalidare la strategia degli USA che puntava al dominio del “cuore della Terra”, cioè a controllare la saldatura tra Europa e Asia. Gli USA stanno uccidendo i loro vassalli europei senza acquisire un concreto vantaggio strategico. A meno che non riescano a scatenare la guerra tra Europa e Russia, tenendosene fuori. Non casualmente, alla linea di comunicazione tra presidente russo e presidente USA si è aggiunta di recente una linea calda di comunicazione tra i rispettivi vertici delle forze armate.
Né va dimenticato che uno dei piani dei globalisti prevedeva una decrescita infelice dell’Europa, con depopolamenti e carestie. Qui puntava il progetto, oggi zoppicante, del Covid, a cui doveva seguire una “transizione ecologica” da interpretare come impoverimento e depopolamento dell’Europa. Anche qui Putin, presumibilmente senza volerlo, sta dando una mano. Gli assurdi prezzi dei carburanti di oggi sono spinti da strategie atlantiche più che dagli eventi in Ucraina. Ma sarà difficile fare una transizione ecologica con il carbone. Anche questa strategia zoppica. Insomma strategie complesse date da gestire a dementi possono portare a quelle situazioni in cui si verifica una “eterogenesi dei fini”, cioè nessun progetto di potere riesce e si ha solo grande confusione. Gli antichi greci per queste situazioni dicevano che la dea Nemesi era al lavoro.
Grazie Truman, il tuo denso commento è quasi rassicurante, se non consideriamo il disaggio della guerra e la sua imprevedibilità. Chi sa se sia stata pianificata anche questa? E con quale esito..