Sembra che il Cile e la Colombia possano scrivere un po’ di storia in questi mesi, anche se i media occidentali preferisce ignorare, sottovalutare e anche distorcere questi importanti avvenimenti.
Di Luigi Cecchetto
(foto di Jara)
Sebbene io sia molto critico e non di rado pessimista sugli sviluppi di queste pseudo-democrazie, la svolta che nessuno immaginava è avvenuta. Ora bisognerà avere pazienza, lasciar passare alcuni mesi prima di essere sicuri che qualcosa potrà veramente cambiare…
Sono stati eletti tutti i sindaci e i consigli municipali (345) dell’intero paese, che assumeranno le loro funzioni il 28 giugno. I governatori delle 16 regioni del Cile sono stati eletti per la prima volta, mentre finora erano designati dal presidente della repubblica. Dato che per questi ultimi era necessario arrivare alla soglia del 40% sono risultati eletti al primo turno solo tre (fra cui Rodrigo Mundaca, eletto per la regione di Valparaiso e Viña del Mar, che rappresenta chiaramente la lotta per i beni comuni), mentre gli altri 13 dovranno passare al ballottaggio fra tre settimane (anche i candidati favoriti al ballottaggio sono dell’opposizione politica).
I governatori assumeranno le loro funzioni il prossimo 14 luglio. Forse l’elezione più rilevante è stata quella dei 155 integranti per elaborare la nuova costituzione, un processo inedito nel paese (per la prima volta anche con rappresentanti dei popoli indigeni).
In Cile è ancora in vigore la costituzione di Pinochet del 1980, con lievi modifiche attuate nelle ultime tre decadi. Bisogna ricordare che l’elezione dei costituenti è stato il risultado della lotta del popolo, iniziata in ottobre 2019, che ha comportato morti, più di 400 feriti e centinaia di detenuti. Ancora oggi resta impunita la quasi totalità dei responsabili (agenti delle forze dell’ordine). E con molta lentezza continuano i processi contro molti giovani che intanto rimangono detenuti preventivamente.
Ebbene, il risultato di queste elezioni è stata una sconfitta senza precedenti per la destra, e in generale per tutti i partiti del sistema (cioè anche per il centrosinistra che ha governato a lungo dopo la dittatura, alternandosi alla destra oggi al potere). Hanno vinto gli indipendenti, quelli che in gran parte hanno partecipato alle lotte degli ultimi anni, accompagnando la gente più colpita dal sistema e conducendo mille battaglie contro l’estrattivismo, la difesa dei beni comuni (in Cile l’acqua è considerata un bene privato). Dal punto di vista degli schieramenti politici, il PC (Partito Comunista) e il Frente Amplio (un insieme di partiti composti in maggioranza dalle nuove generazioni e dichiaratamente anti-neoliberal) si proclamano a ragione vincitori, dato che hanno vinto in molti importanti municipi. Su questo punto non si può tralasciare il significato anche simbolico della vittoria del PC al municipio di Santiago, una cosa mai successa nella storia del paese…
Sia chiaro: non si possono fare paragoni facili fra la situazione politica cilena e quella italiana o di altri paesi perché non si capirebbe proprio nulla. Sono storie troppo diverse.
Entro certi limiti, comunque, si può affermare che stamattina il Cile si è risvegliato diverso, con una nuova speranza, considerando che sono state sorpassate le più rosee aspettative. Vedremo nel corso del tempo a venire, se il sistema reagisce e come. Sicuramente non starà a guardare dalla finestra, anche perché fra sei mesi ci saranno le elezioni presidenziali e di una parte importante del parlamento. Il governo e le forze politiche che lo sostengono sono in evidente crisi, già da mesi il consenso al governo e al presidente, secondo i sondaggi periodici, si aggira sul 9-13%, un dato che sta rendendo ingovernabile il paese. Non per niente sono in atto anche appelli alle dimissioni.
Il futuro prossimo vedrà spuntare le reali possibilità di cambiamento. Bisogna considerare che i costituenti non disporranno della totale libertà nell’elaborazione della nuova costituzione, dato che sono stati imposti certi limiti (sia di maggioranze che di contenuti), però c’è la speranza che il forte sostegno al cambiamento derivante da queste elezioni possa servire ad abbattere quelle barriere, se accompagnato dalla ripresa del movimento sociale nelle strade e nei rioni periferici. D’altra parte la situazione sociale ed economica attuale, a causa dei lockdown imposti, ha ridotto ancor di più il già precario livello di vita e sussistenza della gran parte della popolazione.
Cile, il primo paese al mondo in cui fu piantato a sangue e fuoco il neoliberalismo, il primo paese al mondo ad aver avuto un “governo tecnico”* dovrà affrontare adesso le speculazioni dei mercati, le minacce del capitalismo nazionale ed internazionale, la resistenza delle classi agiate che ancora oggi, dopo il risultato elettorale, cercano di negare una riforma tributaria che permetterebbe di affrontare le urgenti necessità della gente più bisognosa, coi loro no a una tassa ai super ricchi, no a una più elevata imposta sul rame (principale voce attiva del paese sfruttata dalle grandi multinazionali), no alle modifiche al sistema pensionistico (privato e con pensioni pauperrime), no a riconoscere certi beni comuni come l’acqua, no alla rifondazione delle forze dell’ordine.
Uno scenario non troppo confortante per le nuove forze che dovranno validarsi con un cambiamento radicale dell’intero sistema-paese.
Sembrerebbe che il Cile e la Colombia, un paese di nuovo in dura lotta contro un governo criminale appoggiato dall’imperialismo Usa, possano scrivere un po’ di storia in questi mesi, anche se la stampa occidentale preferisce ignorare, sottovalutare e anche distorcere questi importanti avvenimenti.
* Lidia Undiemi, La lotta di classe nel XXI secolo, Ponte delle Grazie 2021, capitolo ottavo.
* Interessante intervista a Lidia Undiemi nel sito https://www.davvero.tv/byoblu24-1/videos/la-nuova-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo-lidia-undiemi. Nel minuto 33 spiega molto bene il “governo técnico” di Pinochet. Consiglio ascoltare tutta l’intervista.