Dopo gli innamoramenti della “sinistra antagonista” nei confronti del lockdown, poi del vaccino e poi del Green pass, accolti come antidoto non solo alla Covid, ma soprattutto all’individualismo liberale (poco importa se si tratta di misure repressive e totalitarie), è arrivato il turno dell’ultima perversione ideologica – quella di invocare la sospensione delle cure gratuite per i non vaccinati. Il trend è stato lanciato dall’anestesista dell’ospedale di Cremona Mario Riccio, secondo cui, mentre prima del vaccino la contesa dei posti nelle TI veniva risolta a favore di chi aveva più possibilità di farcela, ora il criterio cambia a favore dei meritevoli, cioè dei vaccinati, anche se dovessero avere un’età molto avanzata e fattori di rischio importanti, perché, secondo l’anestesista, “dare più chance a chi può farcela significherebbe mettere i no vax davanti ai vaccinati”. Siamo di fronte a una logica e un triage etico agghiaccianti, che hanno confluito nelle ultime altrettanto incresciose restrizioni delle attività dei non vaccinati.
L’ennesimo estremismo pseudo-medico ha trovato subito sponda politica in un personaggio “insospettabile”, di solito prudente a rivelarsi senza i filtri dell’ipocrisia, alias Pierluigi Bersani, che giustifica la propria avversione per i no vax con il voler dare precedenza ai malati di tumore, ignaro del fatto che i vaccini sono controindicati proprio per i malatti oncologici. Lo stress emergenziale inizia a fare brutti scherzi anche a quelli che lo gestiscono. Ma il nervosismo di Bersani è comprensibile, visto che il suo pupillo, Roberto Speranza, cammina sul tetto incandescente di gravissime menzogne e abusi istituzionali che vengono allo scoperto. Di qui a poco tempo, Speranza potrebbe essere chiamato a svolgere il ruolo del capro espiatorio per i reati dei due governi di cui ha fatto parte, ma anche per i reati affaristici dei presidenti delle Regioni leghiste che, dopo aver soffiato sul fuoco dell’emergenza Covid, sarebbero capaci di spacciarsi per innocenti. Fra qualche mese potrebbe venire meno l’impalcatura della finta unità dell’edificio politico-parlamentare, il che farà generare fra i vari partiti uno scaricabarile senza fine.
La verità è che i criteri terapeutici selettivi erano già in uso, prima che tra vaccinati e non vaccinati, tra cittadini altolocati e cittadini comuni, come dimostra la storia dei monoclonali, i quali, nonostante siano stati acquistati in quantità abbondanti, sono stati usati pochissimo in fase iniziale d’insorgenza dei sintomi (solo su 2% dei positivi, fra cui uno dei primi casi era quello di Berlusconi), e in seguito sono stati riservati come cura domiciliare solo a pochi (vedere il caso Galli). Il sentimento comune va ormai ben oltre la consapevolezza degli enormi tagli alla Sanità, fatti negli ultimi 10 anni, in quanto c’è la netta percezione che i protocolli terapeutici abbiano poco a che vedere con la vera medicina, bensì con un’ambigua volontà politica che si copre con la competenza di un Comitato tecno-scientifico di burocrati sanitari nominati dallo stesso governo. Fatto sta che vi è una diffusa tendenza di sottrarsi alle cure dei medici aderenti ai protocolli del governo, perché gran parte delle persone ha capito che è molto più sicuro curarsi da soli, con i soliti antibiotici e cortisone che fino a due anni fa quelli stessi medici somministravano senza problemi. La corsa a procurarsi l’azitromicina, un farmaco screditato dall’AIFA come presidio anti-covid, fa capire come la pubblica opinione abbia intuito le giuste cure: una prassi che ha reso illegittimo il sinistro protocollo ministeriale della “tachipirina e vigile attesa”, prima ancora che la sentenza del TAR di Lazio (del 15 Gennaio 2022) lo dichiarasse nullo. Ed è proprio grazie alla messa in pratica dei protocolli non ufficiali che, in un mese critico per le malattie infettive come gennaio, le terapie intensive segnano un tasso di occupazione sotto il 20%, anche se ciò non impedisce ai media politicizzati di perpetuare l’emergenza e di riavviare il gioco delle Regioni a colori.
Certe derive non sono solo l’effetto di perversioni ideologiche, ma di uno stato di suggestione, come quello che solo una bolla finanziaria può provocare: il denaro non riesce a comprare tutti, ma a suggestionare tutti sì. Non è un caso che la Covid continua a essere un’emergenza prevalentemente nella Zona Euro, mentre il resto del mondo si avvia verso il suo superamento. Seguire il denaro non garantisce di trovare la risposta di ogni “perché”, ma serve quantomeno a spiegare tante cose. Dobbiamo chiederci: come hanno fatto i governi, pur di alimentare l’emergenza sanitaria, a rinunciare con tanta disinvoltura ad un 10% del PIL ed al relativo gettito fiscale per esattamente due anni? La risposta, che è mancata fra le notizie sulle prime pagine di giornali e tg, è che nel marzo del 2020 la Banca Centrale Europea aveva avviato il PEPP (il piano straordinario di acquisti di titoli pubblici e privati) per l’emergenza pandemica nella zona Euro: 750 miliardi subito nel 2020 e 1850 miliardi nel 2021. Il PEPP è un Quantitative Easing all’ennesima potenza. Si tratta di debiti contratti con la BCE, denaro che quest’ultima ha creato dal nulla, cui i governi sperano di non dover restituire mai. La quota d’Italia del PEPP è di circa 160 miliardi, la più alta fra i paesi comunitari. Come si è sottolineato in altra sede, le misure restrittive e le perdite economiche sono state possibili grazie a questo stupefacente Quantitative Easing, accompagnato alla digitalizzazione: sono i due strumenti che hanno cambiato la psicologia dei governi, fino al punto che questi si sono illusi di poter fare a meno dei proventi del fisco, per cui hanno agito come se potessero fare a meno dell’economia e persino del popolo, ridotto a cavia per esperimenti sociali. Solo in tempi di Quantitative Easing poteva affermarsi la frase demenziale che “la salute è più importante dell’economia”, come se l’economia non fosse ugualmente primaria per la sopravvivenza degli esseri umani.
L’emergenza ha coinciso con una pioggia di liquidità monetaria che ha consentito ai governi Conte/Draghi non solo di sopperire alla diminuzione del gettito fiscale, ma di investire in una politica di potenza, finanziando i nodi più strategici, fra cui media, forze dell’ordine, esercito. Mentre i media cercavano di distrare l’opinione pubblica con dibattiti su un Recovery Fund piuttosto magro, era in realtà il PEPP della BCE a gonfiare i sogni di grandezza dell’establishment italiano, che ha investito il denaro non secondo la logica del benessere sociale (sanità, scuola, ambiente, inclusione sociale), ma esclusivamente in una prospettiva di pressione e controllo sociale. In tal senso, non dovrebbe sorprendere il fatto che tra il 2020 e il 2021 il governo abbia registrato il maggiore aumento nella storia italiana della spesa militare (circa 20% rispetto a prima della pandemia). Lo stesso Green pass non è altro che un progetto di militarizzazione sociale, che parte dal campo fiscale per coprire successivamente ogni aspetto della vita. Ma visto che nel mese di marzo il PEPP si concluderà, lo Stato dovrà ritornare a contare sul vecchio sistema del gettito fiscale, aumentandone la pressione. Con un’economia indebolita, però, potrebbero prevalere le spinte per il commissariamento del paese, ossia quello che è stato il modello greco. Il paradosso è che sia il QE che quest’ultima prospettiva sono fra le competenze massime di quello che probabilmente sarà il nuovo Presidente della Repubblica.
22 Gennaio 2022
Zory Petzova
2 comments
Se non cambiano le diarie sanitarie per i malati veri Covid,continueranno con i loro sporchi interessi…..e noi pecore a inocularci i sieri immunosoppressivi.
Il potere ha spesso aspetti paradossali, sia voluti che imprevisti. Ecco…
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