Per l’establishment anti-russo e anti-putiniano dovrebbe essere davvero frustrante non avere dietro una maggioranza così compatta come durante l’emergenza Covid, visto che più del 60% degli italiani si dichiara favorevole al dialogo diplomatico con la Russia, contro un 20% e poco più che sostiene l’interventismo della NATO in Ukraina. Anche perché fare prepotenti con una super potenza nucleare non è così facile come accanirsi contro la minoranza inerme e innocua dei no-vax, assunti a giustificazione di tutte le fandonie pandemiche. Con questo però non bisogna illudersi che l’oligarchia italica abbia accantonato per sempre il Green pass, non dopo il riconoscimento dall’oltre l’Oceano all’esemplare ruolo d’Italia nella lotta alla pandemia (nonostante il suo tasso di mortalità fosse fra i peggiori al mondo). Sono atti simbolici che tradiscono uno standby temporaneo: d’altronde, le ossessive ambizioni dell’élite italiana a conseguire il primato del controllo digitale della popolazione non possono svanire nel nulla.
In realtà, il business farmaceutico-digitale e quello militare si muovono all’unisono, primeggiando non solo negli stock option dei maggiori fondi d’investimento, ma intrecciandosi nel lobbying svolto dalle stesse figure istituzionali, come è il caso dell’attuale Segretario generale della NATO Stoltenberg (basterebbe consultare il suo curriculum per capirlo) – un intreccio altrettanto evidente anche nell’operato di Draghi e in quello di Von der Leyen, i quali, con la stessa leggerezza con cui imponevano la vaccinazione di massa e il Green pass, stanno promuovendo l’ulteriore espansione della NATO e l’interventismo militare contro la Russia. Per questo sarebbe del tutto logico parlare dell’espletamento di un’Agenda programmatica, e non di decisioni legate ad avvenimenti imprevisti e sporadici. Ma la prova maestra di questo “pacchetto unico” fra i due sistemi la offrono i bio-laboratori in Ukraina, in concreto quelli di Azovstal, i quali rivelano come lo sviluppo dei vaccini non sia il risultato di una ricerca medico-scientifica, bensì il prodotto commerciale di programmi bio-militari, dove i patogeni vengono creati preventivamente. (Effettivamente, non è necessario che ci sia una reale pandemia per imporre l’acquisto di miliardi di vaccini per una vaccinazione di massa, nello stesso modo in cui esistono riarmi intensivi sulla previsione di guerre, o incentivati da guerre provocate ad hoc.)
Diversi studiosi continuano a ripetere il cliché secondo cui l’attuale aggressività del sistema neo-liberista sia espressione della libertà di mercato sganciata da ogni regolamentazione istituzionale. Non è affatto così. Purché sia vero che fare profitto come fine ultimo è pur sempre espressione di una mentalità automatizzata e corrotta, è altrettanto vero che il neo-liberismo si basa sulla combinazione esplosiva di capitali privati e denaro pubblico (assistenzialismo per i ricchi), ossia che la finanza privata sfrutta la disponibilità dello Stato e mira ad investire in business senza rischio e con profitti sicuri, in cui il cliente è lo Stato e il pagatore sono i contribuenti. Nulla è in grado di movimentare i capitali come il business delle armi, seguito da quello dei vaccini, ecco perché i due spesso fanno parte degli stessi programmi operativi.
Alcuni ritengono che se una guerra nucleare fosse scoppiata mezzo secolo fa, essa avrebbe avuto le ragioni di uno scontro ideologico fra i due principali sistemi economici: quello liberal-capitalista di mercato e quello di economia centralizzata e pianificata di Stato. Oggi la motivazione ideologica del conflitto USA (paesi NATO) – Russia rimarca la contrapposizione fra egemonia unipolare e multipolarismo gravitazionale, ossia la configurazione di zone d’influenza e alleanze stabili, ma non è più su base economica, o almeno non lo era fino alle sanzioni imposte alla Russai a partire dal 2014. E’ interessante ricostruire come è stato lo stesso espansionismo della NATO a cambiare i rapporti di forza interni alla Russia. La fine dell’URSS è stata voluta non tanto da Gorbaciov quanto dal cerchio di Eltsin e da Gazprom, seguito dal pericoloso ritiro militare dall’Ucraina e dalla Georgia, con la conseguente perdita del controllo del Mar Nero. Questo perché i dirigenti ex sovietici non vedevano l’ora di diventare ricchi, sposando le logiche del mercato, del profitto e dell’elitarismo borghese oligarchico.
Negli ultimi 30 anni la Russia aveva dato tutte le prove di volersi integrare nell’economia globale e nella società occidentale, sia aprendo il proprio mercato all’import/export di capitali che aderendo alle istituzioni sovranazionali: al Fondo Monetario Internazionale nel 1992, sotto Eltsin, e alla World Trade Organization nel 2012, sotto Putin. Ma il tentativo di trasformarsi da un imperialismo sovietico militare in un imperialismo neo-liberale in realtà è stato impedito dal boicottaggio americano, in particolar modo dalle lobby delle armi che occupano da decenni il Dipartimento di Stato. Se la linea del Dipartimento di Stato è quella di continua espansione della NATO, è più che prevedibile che ciò provocherebbe reazioni di ordine militare e geopolitico da parte della Russia, le quali a loro volta vengono puniti dall’Occidente con sanzioni economiche, che ricadano oltre tutto sul Gazprom – il principale promotore del neo-liberismo in Russia. Ma se le sanzioni indeboliscono il Gazprom, questo fa crescere automaticamente il potere e il peso politico dell’apparato militare russo e orienta lo sviluppo economico verso un modello autarchico e semi-chiuso. Sono le sanzioni del 2014 ad aver spinto la Russia verso l’autosufficienza agro-alimentare e farmaceutica, avendo già quella energetica e di difesa militare, ossia hanno reso il paese sempre più indipendente dal sistema globale.
Non bisogna essere economisti per capire che le sanzioni alla Russia creano effetto boomerang sulle economie europee, ma creano anche il suo vigoroso bacino di sostenitori fra gli imprenditori che lavorano per il mercato russo e che dalle sanzioni sono stati danneggiati. Paradossalmente, il colpo finale all’agognata integrazione russa nel quadro ‘solidale’ europeo l’ha inferto non Biden ma il cancelliere tedesco Scholz, nel momento in cui ha deciso di bloccare la messa in opera del gasdotto Nord Stream 2. Il pretesto ufficiale del blocco è stato il riconoscimento da parte del governo russo delle Repubbliche indipendentiste di Donbass, ma a questo punto la Russia, messa nelle condizioni di perdere i propri investimenti e futuri introiti, non poteva certo perdere anche la faccia e non invadere l’Ukraina. In effetti, col blocco del Nord Stream 2 la Russia non aveva più niente da perdere, in quanto nessuna successiva sanzione avrebbe potuto risultare così grave come quella. Considerando che la decisione del blocco del Nord Stream 2 è stata annunciata il 22 di febbraio, l’invasione russa in Ukraina è avvenuta due giorni dopo, quindi al suo seguito, ma la performance più formidabile di Scholz è stata quella di annunciare pochi giorni dopo (il 28 di febbraio) i cento miliardi d’investimenti tedeschi in armi, facendo passare tale decisione come ineluttabile a causa dell’operazione militare russa e di una incombente (in realtà inesistente) minaccia russa anche per la sicurezza europea.
Il fatto più sorprendente è che, a questo punto, l’insospettabile Scholz si rivela il lobbista d’armi per eccellenza, talmente risoluto da mettere in serio pericolo l’approvvigionamento energetico della Germania, e da lì tutta la tenuta economica del paese, per un’inconfessabile passione lobbista. Questo spiega la veemenza degli attacchi personali a Putin, fatti con un linguaggio inqualificabile, utili a nascondere l’estremismo politico lobbista dell’establishment europeo, a cui si stanno accodando anche i politici italiani, ex amici di Putin. Oggi la priorità è mettersi in fila per drenare il denaro pubblico più che si può, non c’è altro programma politico che tenga e la prospettiva delle elezioni fa sbirciare il naso a tutti i partiti del Parlamento, i quali voterebbero volentieri per la loro sospensione. Ma anche la tolleranza passiva del famelico lobbying farmaceutico e militare è un’ammissione indiretta della deriva deleteria e catastrofale non solo della democrazia formale, ma dell’intero sistema occidentale.
Zory Petzova
15 Maggio 2022